Fargeat sorprende ancora una volta, e questa volta lo fa scegliendo Demi Moore come protagonista del suo ultimo progetto.
Moore, celebre per la sua bellezza innegabile e per essere una delle attrici più pagate di Hollywood, incarna perfettamente il personaggio di Elisabeth Sparkle. Un’icona del cinema, premiata con un Oscar e con una stella sulla Walk of Fame di Hollywood, che si trova però costretta a insegnare aerobica in tv dopo aver dedicato tutta la vita alla carriera. La storia di Liz, una donna di cinquant’anni, sola e in lotta con un profondo odio per se stessa, viene raccontata con un’intensità che lascia senza parole.
La scelta di Demi Moore è indubbiamente un colpo di genio, perché l’attrice riesce a rappresentare una figura così complessa come quella di Liz, che sembra portare sulle spalle il peso di una vita intera. Dopo anni spesi davanti alle telecamere, dedicati a film di grande successo e a un’esistenza da diva, si ritrova a combattere con la solitudine e il disprezzo per il suo corpo. Qui entra in gioco un’analisi interessante: la società spesso impone canoni di bellezza che non solo sono irraggiungibili, ma diventano una gabbia. Liz sembra intrappolata in un culto di se stessa, ma è solo un modo per mascherare il vuoto e la frustrazione che la colpiscono. Quello che sembra mancare è una comprensione profonda delle sue ossessioni e delle sue paure. Fargeat evita di scavare troppo nel passato della protagonista, scegliendo invece di mostrare la sua realtà attuale, un calderone di emozioni contrastanti.
La rappresentazione del declino di Liz si intensifica quando, nel giorno del suo cinquantesimo compleanno, uno scorretto produttore, interpretato da Dennis Quaid, la liquida bruscamente, trattandola come un oggetto usa e getta. Questo episodio rappresenta un momento cruciale; la rottura definitiva con il suo passato, una sorta di schiaffo che risveglia in lei una rabbia inarrestabile. Qui vediamo come le strade che ha percorso per arrivare al successo diventino ora una condanna. La società la abbandona, ma Liz si trova di fronte a una scelta, e in questo frangente accetta un’offerta inquietante. Un liquido misterioso le viene proposto, un’opzione che promette di ridarle la bellezza perduta e la giovinezza.
Il corpo e l’anima: la simbiosi tra Liz e Sue
Il concetto di simbiosi tra Liz e il suo clone, Sue, emerge come una riflessione complessa sulla identità e sulla bellezza. Il processo che Liz si trova a vivere è macabro e doloroso, eppure a tratti ricorda le ossessioni della cultura contemporanea nei confronti della bellezza e della giovinezza. Sue, splendidamente portata in vita da Margaret Qualley, diventa rapidamente un’avversaria e un’alleata. Entrambe le donne vivono per una settimana ciascuna e si alternano in un ciclo di vita condivisa. È una dinamica instabile in cui non c’è libertà . La fragilità di questo equilibrio è palpabile, mostrando quanto possa essere precaria la vita di chi cerca di affermarsi a tutti i costi.
Sue, però, si rende conto di non volere solo una vita a metà , ma desidera bruciare le tappe, raggiungere il successo senza compromessi. Questa doppia esistenza genera tensione, perché Liz, già segnata dalla vita, inizia a vedere Sue più come un parassita, intruso nel suo spazio vitale. La lotta per l’identità si trasforma in un conflitto che mette in gioco non solo il desiderio di bellezza, ma la stessa essenza dell’esistenza. Nell’era dei social media e delle immagini perfette, ci si trova a riflettere sull’autenticità , sull’autostima e su quanto siamo disposti a compromettere noi stessi per apparire al meglio; questa storia porta in primo piano tutte queste domande, ma con un tocco di inquietante genialità .