Le elezioni presidenziali USA si avvicinano a grandi passi. Con una battaglia tra Kamala Harris e Donald Trump che si intensifica, l’attenzione è rivolta ai famosi “swing states”, quegli stati in bilico il cui voto risulterà decisivo.
Ogni anno, questo evento rappresenta la sfida più attesa e il brivido cresce man mano che si avvicina la data delle urne. Decine di milioni di americani si preparano a votare quest’anno, ma solo una manciata avrà un reale peso sul risultato finale. Il sistema del Collegio elettorale statunitense fa sì che ogni stato abbia un certo numero di grandi elettori da assegnare al candidato vincente. Alcuni stati votano con una certa regolarità per uno dei due partiti, ma il vero campo di battaglia si concentra nei stati in bilico.
Quest’anno, ci sono sette stati ritenuti cruciali e insieme rappresentano novantatré dei 538 voti del Collegio elettorale. Questo coro di stati rappresenta circa il 18% della popolazione statunitense. Tra essi ci sono località con una tradizione industriale che ha faticato ad adattarsi a cambiamenti economici significativi, ma anche stati meridionali, in rapida crescita e precedentemente dominati dai repubblicani, ora sempre più eterogenei. Gli stati sono: Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, North Carolina, Pennsylvania e Wisconsin. Ognuno di questi ha un ruolo da gigante nelle prossime elezioni.
L’Arizona, in particolare, ha un’importanza strategica nel contesto di quest’anno. Le ultime elezioni nel 2020 hanno segnato una vittoria democratica che non si registrava dagli anni Novanta. Con i suoi undici grandi elettori, l’Arizona torna al centro della scena. Le problematiche più sentite dalla popolazione riguardano l’economia, ma anche il delicato tema dell’aborto e, particolare non da poco, l’immigrazione. Infatti, l’Arizona confina direttamente con il Messico e le politiche sull’immigrazione di Trump hanno creato dibattito acceso tra gli elettori. La demografia dell’Arizona è in rapida evoluzione, con una crescita significativa della popolazione ispanica e nativa americana. Queste comunità potrebbero rivelarsi determinanti per l’esito.
La Georgia non è da meno, con un terzo della sua popolazione che si colloca nella comunità afroamericana. Questo stato ha mostrato un cambiamento di direzione nelle ultime elezioni, quando Biden ha rotto un lungo predominio repubblicano dal 1992. Tuttavia, diversi analisti segnalano una certa insoddisfazione tra gli elettori afroamericani nei confronti dell’amministrazione Biden, il che potrebbe influenzare i risultati futuri. I sostenitori di Kamala Harris contano di riaccendere quell’entusiasmo che era palpabile nel 2020. Se Trump dovesse perdere i sedici voti elettorali della Georgia, il suo percorso verso la Casa Bianca diventerebbe arduo, quasi impervio.
Al centro della battaglia elettorale troviamo il Michigan, un tempo roccaforte democratica, ora più incerta. Qui, l’industria automobilistica ha dominato per decenni, ma il risultato della corsa presidenziale del 2016 ha scosso gli stati per l’inaspettata vittoria di Trump. Negli scorsi mesi, il settore è stato scosso, e la questione del sostegno a Israele durante il conflitto a Gaza ha suscitato forti proteste. L’elettorato del Michigan è caratterizzato da una notevole presenza di arabo-americani, e questo potrebbe giocare un ruolo importante nelle elezioni. Durante le primarie democratiche, oltre centomila elettori hanno scelto di non esprimere preferenze, segnale di un malcontento latente.
Il Nevada, anche se con soli sei grandi elettori, è un altro campo di battaglia significativo. Nonostante i democratici abbiano trionfato nelle ultime elezioni, ci sono segni preoccupanti per la squadra di Biden e Harris. All’inizio della campagna, Trump sembrava avere un vantaggio considerevole, ma il gap si è ridotto man mano che i candidati si fanno sempre più attivi. Le problematiche che preoccupano gli elettori includono l’inflazione e l’aumento del costo della vita, che potrebbero dare a Trump una spinta. Entrambi i candidati cercano di conquistare il voto della massiccia comunità ispanica, il che aggiunge un ulteriore livello di complessità a questa battaglia.
Il North Carolina ha storicamente mostrato un chiaro favore ai repubblicani e ha solo recentemente cominciato a mostrare segni di cambiamento. Con sedici grandi elettori in palio, il suo peso non è da sottovalutare. Negli ultimi anni, il margine di vittoria per i repubblicani è stato ridottissimo, addirittura inferiore ai due punti percentuali, un aspetto che riafferma la crescente variabilità del voto in questo stato. Le recenti conseguenze del passaggio dell’uragano Helene potrebbero influenzare la partecipazione elettorale e i voti, in un contesto di già alta incertezza.
La Pennsylvania continua a essere il fulcro del dibattito politico, vantando diciannove voti elettorali, il numero più alto tra gli swing states. Qui Biden ha trionfato dopo che Trump era riuscito a vincere nel 2016. Quest’anno, il tema economico avrà un’importanza cruciale in campagna elettorale. Gli elettori hanno avvertito con forza l’impatto dell’inflazione e gli aumenti dei generi alimentari al di sopra della media nazionale, quindi, le critiche di Trump verso Biden potrebbero risuonare forti. I democratici qui sperano nella partecipazione nelle aree urbane, come Pittsburgh e Philadelphia, cercando di limitare le perdite nelle zone rurali, dove i repubblicani sono più forti.
Infine, il Wisconsin emerge come l’incognita principale di queste elezioni. Con dieci grandi elettori e una storica incertezza, qui il voto può variare incredibilmente. Nel 2016 Trump ha ottenuto una vittoria appena sfiorata e Biden ha fatto altrettanto nel 2020. Quest’anno, l’elettorato è in gran parte bianco, ma non è da trascurare la presenza di piccole comunità afroamericane e ispaniche. Una volta di più, i temi al centro della campagna sono economia, immigrazione e aborto. Il partito repubblicano ha scelto Milwaukee come sede per la sua convenzione, dimostrando l’importanza strategica che attribuisce a questo stato.