Piracy Shield: il segreto dietro i sistemi di sicurezza che nessuno ti ha mai svelato!

Google

Un’azione di Piracy Shield, la piattaforma nazionale antipirateria, ha oscurato un dominio di Google Drive.

Questo episodio ha messo in luce il funzionamento interno di un sistema pensato per combattere la pirateria, rivelando al contempo punti deboli e criticità. Analizziamo in dettaglio che cosa è accaduto.

Nel tardo pomeriggio di sabato 19 ottobre, la piattaforma Piracy Shield ha inibito l’accesso a una Content Delivery Network di Google a Milano. Questo ha comportato la momentanea impossibilità per milioni di utenti di scaricare file da Google Drive.

L’oscuramento è durato circa sei ore e, sebbene sia stato revocato dopo la mezzanotte, molti utenti hanno continuato a riscontrare problemi persino il giorno successivo. Le ripercussioni di questo incidente hanno creato non poco caos, lasciando tutti a chiedersi come sia stato possibile che qualcosa di così cruciale come Google Drive sia potuto finire in una situazione del genere.

Ciò che ha colpito di più è stato il fatto che il blocco ha interessato un segmento di rete che gestiva circa il 70% del traffico di Google in quel momento. Questo porta a interrogarsi non solo sulla gestione dei diritti d’autore da parte di Piracy Shield, ma anche sull’affidabilità di un sistema che ha messo a rischio servizi internet fondamentali. La questione è complessa e merita di essere approfondita, dal momento che fornisce spunti di riflessione sulle misure adottate per la lotta alla pirateria digitale.

Come funziona Piracy Shield

Per meglio comprendere l’accaduto, è fondamentale capire come operi Piracy Shield. Quest’ultima è stata istituita con la legge 93 del 24 luglio 2023 con l’obiettivo di combattere la trasmissione illegale delle partite di calcio, oltre ad altri eventi sportivi. La piattaforma raccoglie segnalazioni provenienti da chi detiene i diritti, come Lega Serie A, Mediaset, Sky, e Dazn, ed allerta i fornitori di servizi internet, i cosiddetti ISP.

Google attacco antipirateria
Google attacco antipirateria- amigosdevilla.it

In sostanza, dopo la segnalazione, gli ISP hanno un lasso di tempo di soli 30 minuti per procedere al blocco dell’indirizzo IP “incriminato”. Questo processo avviene in modo automatizzato, dato che ogni segnalazione può contenere un numero elevato di risorse da oscurare. Chi invia un ticket ha solamente 60 secondi a disposizione per apportare eventuali correzioni, altrimenti si genera un blocco che non considera l’impatto sul restante traffico internet. Questo è esattamente quello che è accaduto con Google; durante l’oscuramento, tantissimi servizi legittimi sono stati colpiti e gli utenti non hanno potuto accedere a file e documenti salvati.

Un sistema pensato per proteggere i diritti degli autori e contenere la pirateria si è quindi rivelato problematico, sollevando interrogativi sull’efficacia di procedure affrettate montate su tecnologie che non considerano le complessità del rete odierna. Alla fine, il tentativo di bloccare comportamenti illeciti ha avuto ripercussioni su chi si serve di Internet in modo legittimo, aprendo un dibattito sul bilanciamento tra diritti e libertà d’uso del web.

Le implicazioni per la tecnologia e la normativa

Questo episodio ha evidenziato anche le insidie presenti nei sistemi che dovrebbero garantire la legalità e il rispetto dei diritti d’autore. La progettazione della piattaforma Piracy Shield, gestita da SP Tech, una sorta di braccio tecnologico dello Studio legale Previti, non tiene del tutto conto della realtà contemporanea in cui una miriade di risorse può coesistere all’interno di un unico dominio. Questa lacuna nella progettazione di Piracy Shield ha portato a una sorta di “effetto collaterale”, in cui la repressione dell’illegalità ha danneggiato anche l’uso legittimo di servizi come Google Drive.

Mentre si cerca di evitare che la pirateria dilaghi, sarebbe opportuno rivedere il modo in cui queste piattaforme operano e stabilire delle white list che escludano i servizi internet vitali per gli utenti. Senza misure più precise e calibrate, si rischia non solo di colpire i pirati, ma anche di danneggiare i cittadini che utilizzano il web per scopi legittimi.

Riflettendo su tutto ciò, è chiaro che l’incidente di Google Drive non è solo un caso isolato, ma rappresenta un chiaro campanello d’allarme riguardo al funzionamento e all’efficacia di normative e tecnologie pensate per garantire la legalità. La sfida sta nel trovare il giusto equilibrio tra protezione dei diritti e rispetto della libertà d’uso di internet.