Basta accordi con i sauditi: il clamore delle 106 calciatrici, tra cui numerose italiane

Una forte e decisa protesta sta attraversando il mondo del calcio internazionale, mettendo in evidenza il potere delle giocatrici.

Una lettera aperta, sottoscritta da ben centosei calciatrici provenienti da ventiquattro paesi, si schiera contro la partnership tra la FIFA e l’Arabia Saudita. Questo accordo, siglato sei mesi fa con la compagnia petrolifera Aramco, non ha trovato il consenso delle atlete, che chiedono con forza l’annullamento di questa alleanza. La questione è molto seria: le atlete denunciano un tentativo di mascherare le violazioni dei diritti umani nel regno saudita attraverso pratiche di “sportwashing”. Scopriamo di più su questo tema scottante e le voci che si levano in difesa dei diritti delle donne.

La lettera aperta inviata alla FIFA è un documento carico di significato, che sottolinea come la federazione internazionale del calcio stia, di fatto, facilitando il tentativo dell’Arabia Saudita di creare un’immagine migliore di sé attraverso lo sport. In particolare, le giocatrici puntano il dito contro le enormi spese effettuate dalle autorità saudite per sponsorizzare eventi sportivi. Questi investimenti, secondo le firmatarie, servono soltanto a distogliere l’attenzione dalle atrocità commesse dal regime in tema di diritti umani. Nel testo della missiva si legge chiaramente che “il trattamento delle donne parla da solo”, denunciando così la condizione di quelle che vivono sotto un regime oppressivo.

Le calciatrici esprimono una frustrazione palpabile, richiedendo a Gianni Infantino, presidente della FIFA, di prendere seri provvedimenti e annullare l’accordo con Aramco. Questo grido d’allerta, proveniente da donne di grande talento e carisma, rappresenta non solo una protesta ma un invito a riflettere profondamente sul potere che lo sport può avere nel cambiare le cose e far sentire la propria voce di fronte alle ingiustizie.

Le protagoniste della protesta: un gruppo unito di calciatrici

Il movimento non è solo un atto di ribellione, ma anche una mostra di solidarietà e unità tra le calciatrici, che vedono nelle loro colleghe lottare per valori di equità e giustizia. Tra le più attive promotrici di questa protesta ci sono nomi noti del calcio femminile italiano e internazionale, come Elena Linari, capitana della nazionale azzurra e giocatrice della Roma, e Katja Schroffenegger del Como. Anche Rachele Baldi e Francesca Durante dell’Inter, e Tecla Pettenuzzo del Napoli, si sono unite in questo appello per un cambiamento. Le voci si moltiplicano, con anche giocatrici danesi, austriache e tedesche che si schierano contro l’accordo con Aramco, evidenziando l’importanza di avere un sostegno reciproco nello sport e nella vita.

Le protagoniste della protesta- amigosdevilla.it

L’attivismo delle calciatrici non è da sottovalutare. La lettera non è solo un’informativa passiva; è un richiamo all’azione e rappresenta l’audacia di donne che, pur tra le sfide e le difficoltà, continuano a lottare per un mondo migliore. E non sta solo nel dire no all’oppressione sportiva, ma anche chiedendosi come sia possibile che atlete Lgbtq+ possano promuovere un regime come quello saudita, notoriamente critico verso la comunità LGBTQ+. Questo aspetto della lettera gioca un ruolo fondamentale nell’ampliare la conversazione non solo sui diritti delle donne ma anche sui diritti di tutte le minoranze.

Un altro tema cruciale: l’impatto ambientale di Aramco

Oltre alla violazione dei diritti umani, un altro punto di forte critica nel messaggio delle giocatrici riguarda l’impatto ambientale dell’attività di Aramco. La compagnia petrolifera viene accusata di contribuire al cambiamento climatico, dissipando il futuro non solo del calcio, ma di tutti noi. La lettera mette in luce come l’attività economica della compagnia saudita generi profitti a spese della salute del pianeta, affermando che mentre il mondo subisce le conseguenze del riscaldamento globale, l’Arabia Saudita, insieme alla FIFA, continua a procacciare vantaggi economici e visibilità.

Questa intersezione tra sport, diritti umani e ambiente dà vita a una dialettica complessa. Del resto, l’ecosistema del calcio deve confrontarsi con le crisi ambientali e sociali contemporanee, e le atlete in prima linea stanno indicando chiaramente che non possono più ignorare tali problemi. Il loro messaggio è chiaro: lo sport ha un potere immenso e deve essere utilizzato per promuovere giustizia, equità e un futuro sostenibile per tutti. La loro determinazione è una testimonianza della capacità dello sport di essere una forza per il bene.

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Rossana Muraca